La Chiesa sotto il tavolo
Nel giorno di san Francesco, il Santo Padre ha invitato la Chiesa a parlare alla luce del sole, a non bisbigliare “sotto il tavolo”. Il chiacchiericcio, ha detto, è l’«anti-Spirito santo». Per questo, ha contrapposto a chi intriga nell’ombra l’adunanza dei rappresentanti dell’episcopato, in apertura della xvi Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, il 4 ottobre scorso. La storia di come la Chiesa sia finita “sotto il tavolo” merita di essere letta nell’originale, per l’accuratezza e l’intensità con cui è esposta dall’attuale Pontefice.
Durante l’Angelus dell’8 gennaio, Francesco aveva ribadito come il chiacchiericcio sottobanco carichi «un’arma letale» e «uccide la fratellanza». Forse nessun pontificato, in tutta la storia della Chiesa moderna, è entrato a tal punto nella storia del chiacchiericcio. È stato per me eloquente vedere come, anche prima che Francesco ne parlasse negli ultimi mesi in Vaticano, da tempo egli aveva aperto il campo a importanti considerazioni sul tema. A pochi giorni dall’insediamento al soglio pontificio, in una meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, Francesco ne aveva colto appieno il significato: la “chiacchiera”, secondo il Papa, «è una vendita». Spiega: «La persona di cui chiacchieriamo [...] diventa una mercanzia» da contrabbando sul modello della transazione compiuta da Giuda il quale fa dell’amicizia con Cristo un mercato in cui l’apostolo suicida opera segretamente per trarne profitto (27 marzo 2013).
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Articolo originale su osservatoreromano.va
