La speranza è la miglior risposta agli ostacoli e alle contrarietà delle nostre giornate
Il viaggio dell'uomo sulla Terra ha termine soltanto in Dio, e ognuno di noi che è homo viator si affretta verso questa meta definitiva senza mai dimenticare di come "dobbiamo fare una provvista di speranza, se vogliamo che i nostri passi possano procedere diretti e vigorosi nella marcia faticosa che ci attende[1]".
Nel caso in cui l'incamminato perdesse questa speranza di giungere a destinazione immediatamente si fermerebbe, perché privo della fiducia arrivare alla sua meta.
Usando una metafora è stato lo stesso Papa Francesco, in una recente Messa svolta a Casa Santa Marta, a indicarci nella donna incinta che attende trepidante l'incontro con il figlio nascituro e quotidianamente si accarezza la pancia per anticiparne il contatto l'immagine del nostro incontro concreto con Gesù, una speranza tangibile che non ha nulla di astratto. Si tratta della stessa saggezza di saper gioire dei nostri "piccoli incontri della vita con Gesù"[2].
Mentre per il raggiungimento di obiettivi terreni ci si affida alla resistenza, all'allenamento e all'esperienza, però, per aspirare al fine soprannaturale della nostra esistenza non bastano più le nostre singole forze ma dobbiamo affidarci a Dio, che è onnipotente e da buon Padre e Amico non ci nega mai il Suo aiuto. La sua bontà e la sua misericordia sono differenti da quelle umane che invece si presentano "come la nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce"[3].
Attraverso la speranza soprannaturale il fedele confida di raggiungere il suo scopo ultimo che ha già adocchiato cominciando questo suo cammino attraverso il Battesimo.
Non è però questa una meta transitoria, così com’è tipico dei viaggi ordinari in cui qualsiasi tappa è soltanto un passaggio verso altre mete, bensì è mediante questa virtù che cerchiamo e desideriamo l'eternità che il Signore ha promosso ai Suoi fedeli e per la quale ci ha appoggiati nell'arco dell'intero tragitto.
Dio promette noi il Suo aiuto per respingere le tentazioni e coltivare il germe della vita divina dell'anima, e più si presentano le difficoltà e le debolezze più dovrà essere forte in noi la completa fiducia nella Sua volontà e onnipotenza.
Mantenere la speranza è il Suo più grande aiuto alla nostra quotidianità.
Nella Prima Lettura tratta dalla Lettera di San Paolo agli Efesini riusciamo ad ampliare questo concetto ad altri temi, quali la cittadinanza e l'eredità, che rappresentano precisamente "regali che Dio ci ha fatto". Ci ha reso cittadini dandoci allo stesso tempo un'identità, "ha abolito la Legge" per ricongiungerci allontanando in tal misura l'inimicizia, in modo tale che ci è concesso di "presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito". In questa misura possiamo considerarci quasi "concittadini dei Santi" in Gesù, e "la nostra identità è proprio questo essere guariti dal Signore, essere costruiti in comunità e avere lo Spirito Santo dentro", come ha sottolineato lo stesso Francesco.
Proprio per questo motivo la lettura di San Paolo ci ricorda come Abramo "ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto", senza mai vacillare nella certezza della misericordia di Dio e "pienamente convinto che quanto Egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento"[4].
E' Dio che ci fa camminare dritti verso l'eredità con la speranza, che diventa certezza, di essere Suoi concittadini. L'eredità, spiega sempre il nostro Papa, "è quello che noi cerchiamo nel nostro cammino, quello che riceveremo alla fine". Una ricerca che dev'essere costante, e che proprio per questo motivo è sempre accompagnata dalla speranza che rappresenta "la virtù forse più piccola, forse più difficile da capire".
La fede e la speranza, insieme alla carità, rappresentano quindi un dono, e vivere insieme ad esse vuol dire camminare "verso un premio, verso la felicità che non abbiamo qui ma l'avremo là... è una virtù difficile da capire, [...] che non delude mai: se tu speri, mai sarai deluso". Ma, aggiunge Francesco, si tratta anche di una virtù concreta, perché si manifesta nell'incontro con l'amore di Gesù
Noi continueremo a sperare nel Signore perché Egli "è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato resuscitato per la nostra giustificazione" e, quindi, è inconcepibile pensare che potrà mai lasciarci vivere da soli gli ostacoli che ci si parano davanti, senza concederci la Sua mano per superarli. Dipende tutto dall'accettare quest'aiuto che Egli quotidianamente ci offre, una virtù che non risiede nelle nostre condizioni personali ma che si fonda esclusivamente sulla volontà.
"Ogni volta che incontriamo Gesù nell'Eucarestia, nella preghiera, nel Vangelo, nei poveri, nella vita comunitaria, ogni volta diamo un passo in più verso questo incontro definitivo", afferma Francesco
Il tutto senza mai dimenticare che "nam, et si ambulavero in medio umbrae mortis non timebo mala" (anche se dovessi camminare tra le ombre della morte, non temerei alcun male), "quoniam tu mecum es" (perché Tu sei con me)[5].
[1] Paolo VI, Discorso, 10 dicembre 1975
[3] http://www.lachiesa.it/bibbia.php?ricerca=citazione&Cerca=Cerca&Versione_CEI2008=3&Versione_CEI74=1&Versione_TILC=2&VersettoOn=1&Citazione=Os%206,1-6
[4] Rm 4, 18-25
[5] J. Escrivà, Forgia, 194