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La carità è magnanimità

La carità è magnanimità, laddove essa allontana l’uomo dall’invidia per ciò che si reputa un altro possegga o riceva, mostro che germoglia dentro il cuore degli uomini mentre li spinge in uno stato di prostrazione tale da desiderare il male per gli altri.

La carità «non è invidiosa» dice san Paolo, mettendo in guardia i Corinzi e tutti i fedeli, più in generale, contro l’invidia. Del resto essa è uno dei sette peccati capitali. Nella Bibbia l’invidia percorre e contorce gli animi degli uomini, da Caino a Saul, mostrando come essa tragga origine dal senso di sconfitta che la grandezza e il successo dell’altro genera in chi è frustrato come reazione al senso di fallimento.

La capacità della carità di gioire del bene dell’altro e della sua gioia è il frutto di un atto di amore e la grandezza d’animo della magnanimità ben lo esprime come sua declinazione. L’esercizio della magnanimità si esplica nella capacità di saper allargare il proprio cuore abbracciando l’altro, quale che esso sia (amico o nemico). In questa accezione essa è veramente legata all’esercizio della carità, la cui grandezza e forza necessitano di una superiorità morale, temperata dalla motivazione del proprio agire, che è riconducibile, ancora una volta, all’amore.

L’invidia, invece, rattrappisce lo spirito di chi la prova, ripiegandolo su sé tesso, dove la mancanza di riconoscimento provoca una forte scossa alla propria autostima ed alla costruzione stessa della propria identità, tale da generare una reazione di autodifesa: distruggere l’altro consente all’invidioso di valorizzare sé stesso, quasi fosse incapace di esistere senza annullare l’altro, senza desiderarne il male. Non a caso, san Pier Crisologo parlava dell’invidia come conseguenza della frustrazione e dell’impotenza a realizzarsi, che proiettano la disperazione per il proprio male sull’altro, incolpato di ricevere quanto si pensa di meritare. Di fatto l’invidioso si lascia cadere nel baratro dell’odio, divenendo «un carnefice di se stesso».

L’invidia è annoverata da Aristotele tra gli “abiti del male”, ovvero quei vizi il cui esercizio diviene una abitudine distruttiva dell’animo che, tuttavia, sembra essere connaturata all’uomo. Ed è proprio in questo contesto che interviene la grazia divina a piegare le inclinazioni più oscure del nostro spirito per portarlo nella luce dell’amore divino. Quest’esperienza, accanto alla consapevolezza di essa, rende possibile la grandezza nell’amore: la magnanimità non va, infatti, intesa come un senso di superiorità altrimenti declinato come superbia, ma come vera e propria grandezza morale che nasce dall’esperienza del mondo e del bene che Dio ci elargisce. Per questo motivo papa Francesco la definisce «un miracolo della carità» che trasforma il cuore dell’uomo, consentendo «così che non sei più tu che vivi, ma Cristo vive in te. E Gesù è tutto amore».

Don Pino Esposito

Don Pino Esposito - La carita' e' magnanimita'

Don Pino Esposito Foto di Don Pino Esposito Parroco delle Parrocchie della SS.Trinità in San Donato di Ninea, di Santa Rosalia, e del SS. Salvatore in Policastrello
       
      S.Donato di Ninea,       Italia    
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