Umilta' personale e fiducia in Dio

I maggiori ostacoli che l’anima trova per seguire Cristo e aiutare gli altri hanno origine nell’amore disordinato di sé, che a volte porta a sopravvalutare le proprie forze, altre volte a toccare con mano i propri errori e difetti, e dunque allo scoraggiamento, allo sconforto. La superbia spesso si manifesta in un monologo interiore, nel quale si esaltano o si ingigantiscono i propri egoismi; l’io ne esce sempre in trionfo. Nella conversazione, l’orgoglio porta l’uomo a parlare di sé e dei propri fatti e a cercare a tutti i costi l’altrui consenso. Alcuni rimangono immobili nella propria opinione, a ragione o a torto; non tralasciano di correggere ogni più piccola svista altrui, e rendono difficile la convivenza. Il modo più vile di mettere in risalto il proprio valore è quando si cerca di screditare gli altri; non fa piacere agli orgogliosi ascoltare lodi rivolte ad altri, e sono pronti a scoprire i difetti di chi eccelle. Non sopportano di venir contraddetti né sono in grado di lasciarsi correggere.

Chi è gonfio di orgoglio sembra non aver bisogno di Dio nel lavoro, nelle sue attività, persino nella stessa lotta ascetica. Esagera le sue qualità personali, chiudendo gli occhi sui propri difetti, e finisce col considerare una buona qualità ciò che non è altro che una deviazione dello spirito: crede, per esempio, di possedere larghezza di spirito perché fa poco caso ai piccoli doveri quotidiani, dimenticando che per essere fedeli nelle grandi cose è necessario cominciare a esserlo nelle piccole. E tutto questo lo porta a sentirsi superiore, a credersi migliore di altri che invece lo sopravanzano in molte virtù.

Don Pino Esposito