La politica dei cuori forti: riflessioni sull’attentato di Istanbul 2017
Il primo gennaio dell’anno 1968, Paolo VI indiceva la prima Giornata mondiale della pace. Nel discorso di apertura, Papa Montini auspicava lo sviluppo di una «grande arte sociale e politica» imperniata sui «cuori forti», formati nella comprensione «che la vita umana è sacra».
Ogni anno, questa festa ricorre con la sua promessa per la storia avvenire e, ogni volta, con un messaggio diverso. Siamo giunti alla cinquantesima celebrazione, in occasione della quale Papa Francesco invita a riflettere sul tema della “non violenza” da intendere come «stile di una politica per la pace». Ne parla nel dicembre del 2016 e, nuovamente, invita alla riflessione il 2 gennaio seguente, a poche ore dall’ennesimo attacco terroristico che ha insanguinato la Turchia.
Nella notte del capodanno 2017, si fa irruzione in uno dei locali notturni di Istanbul, il Reina, luogo emblematico della vita occidentale e di forte attrazione per i turisti in visita nella capitale turca. Il locale era in piena festa, ancora decorato con i simboli del Natale appena trascorso. L’attentatore entra nella sala grande e spara sulla folla, per circa 7 minuti, indistintamente, preoccupandosi di tenere il fucile ad altezza tale da colpire in modo letale. 39 i morti, 70 feriti, di 22 nazionalità diverse tra cui 4 iracheni e 1 siriano.
Il 29 giugno 2016, Francesco aveva già pregato per le vittime dell’attentato compiuto alcuni mesi prima del massacro al Reina, all’aeroporto di Istanbul-Atatürk il 28 giugno, «Il Signore converta i cuori dei violenti e sostenga i nostri passi sulla via della pace». Il Santo Padre ha invitato a pregare «in silenzio».
Il silenzio della preghiera è stato interrotto dal chiasso della stampa, che esaspera la genuina e sana informazione di cui il giornalismo ha saputo altre volte dare prova.
«Come passa il Signore?», si è chiesto Papa Francesco, rileggendo le pagine dell’Antico Testamento sull’incontro del profeta Elia con Dio[1]. Dio passa nel «vento impetuoso» tale da «spaccare i monti e spezzare le rocce?», nel «terremoto», nel «fuoco», nel «chiasso» (1Re 19,11-13)? «Per incontrare il Signore — ha fatto presente il Papa — bisogna entrare in noi stessi e sentire quel “filo di un silenzio sonoro”», perché «Lui ci parla lì»: il «Signore parla al cuore».
[1] Papa Francesco, Silenzio sonoro, in «L’Osservatore Romano», 11 giugno 2016.