Ricordiamo Amburgo
Il 28 luglio scorso, un attentatore, armato di coltello, di appena 26 anni, entra in un supermercato di Amburgo, colpisce a morte un signore cinquantenne e ferisce altre 6 persone. La gente che assiste alla scena tenta di accerchiare l’uomo. Messo in fuga, sarà fermato dalla polizia.
L’aggressione di Amburgo riaccende le paure che il massacro di Berlino ha lasciato negli animi dei tedeschi e del mondo intero quando, il 19 dicembre scorso, nella capitale della Germania, un tir è stato lanciato sulla folla che gremiva il tradizionale mercatino di Natale. 12 morti, 48 feriti. La strage è stata eseguita adottando la medesima scellerata tecnica dell’autocarro mietitore, già messa in pratica nell’attentato alla Promenade des Anglais di Nizza (14 luglio 2016), ancora riproposta, per esempio, nell’attentato sul London Bridge del 3 giugno 2017. Oggi assistiamo alla ricerca di armi di nuovo tipo sperimentate e collaudate dal terrorismo di massa, a tecniche di morte che prevedono armamenti di modesta entità (dall’autocarro al coltello), ma di effetto letale e atroce. Nell’enciclica Pacem in Terris, promulgata nel 1963, Papa Giovanni XXIII, poneva la questione del disarmo come problema di perdita di «energie spirituali». L’armamento provoca l’assorbimento di «energie» che vengono così tolte al «progresso sociale». La conseguenza è che «gli essere umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile». Erano i primi anni Sessanti, quando ci si rendeva conto della scintilla che può scoccare dalla messa in moto di ogni forma di apparato bellico. Per Papa Roncalli, il disarmo era un «obiettivo reclamato dalla ragione». Queste parole, pronunciate in tempi andati, tornano di attualità.
A ridosso della strage di Berlino, a cui si è accennato, Papa Francesco ha espresso un senso di «compassione» e ha indicato in quanto accaduto l’effetto di una «follia omicida». Dopo il massacro di Nizza, davanti alle famiglie delle vittime, ha invocato, non per la prima volta, la «immensa compassione» della Chiesa, «tutta la tenerezza del Successore di Pietro» che accompagna chi è rimasto colpito. «Si può rispondere agli assalti del demonio – questo è il messaggio centrale del Santo Padre – solo con le opere di Dio che sono perdono, amore e rispetto del prossimo, anche se è differente».