Santi Pietro e Paolo
La preghiera insistente della Chiesa in favore di Pietro sottolinea la condizione umanamente disperata in cui questi si trova. E Dio risponde “Strappandolo” dalle mani di Erode. La liberazione di Pietro avviene durante la notte, in un contesto che richiama la Pasqua e suggerisce l’idea che Luca abbia presentato la liberazione di Pietro come attualizzazione della liberazione dall’Egitto, il momento privilegiato degli interventi di Dio. Analoga situazione nella seconda lettura, in cui Paolo si trova alla vigilia del martirio. La morte dell’apostolo è il gesto estremo della sua donazione, della sequela. Paolo parla come il giusto fedele dei salmi, come colui che attende la sua salvezza definitiva dal Signore. Per questo può cantare già ora l’inno di lode al quale l’assemblea è invitata ad associarsi, pronunciando il suo assenso. Entrambe gli apostoli si riferiscono sulla Scrittura per dare un senso alla difficile situazione in cui versano. La Scrittura è la chiave ermeneutica che consente di affrontare il presente nella sua drammaticità, continuando a confessare la propria fede in Dio. La confessione della fede è il tema del Vangelo. L’episodio di Cesarea di Filippo rappresenta una delle grandi scelte di Matteo. Gesù pone ai discepoli la domanda decisiva, rispondendo alla quale Pietro confessa esplicitamente la dignità messianica del Maestro. Confessando l’identità di Gesù, Pietro riceve anche la propria in tre metafore: la roccia, le chiavi, legare e sciogliere. Pietro è la roccia che tiene salda la Chiesa, è il punto di unità attorno al quale si forma l’unità della comunità. Dare le chiavi significa affidare un’autorità, idea ribadita nella terza metafora. Legare e sciogliere ha il senso di proibire e permettere. Il testo attribuisce a Pietro prerogative che altrove nella Scrittura sono attribuite al Messia: come per dire che l’autorità di Pietro è vicaria. Pietro rappresenta il Cristo, confessando di essere un uomo fragile, come tutto il racconto mostra chiaramente, che però fa spazio dentro di sè al dono di Dio al quale corrisponderà fino all’effusione del sangue, identificandosi così con il destino del Signore.
Don Pino Esposito