Corpus Domini - Domenica 18 Giugno
Nel Sacramento eucaristico sperimentiamo una presenza misteriosa ma reale, che investe il centro del nostro essere con l’offerta di una salvezza totale. Se da una parte l’Eucarestia ci ispira un ineffabile sentimento di fiducia, di sicurezza, dall’altra ci interpella nell’intimo a divenire a nostra volta oblazione di lode a Dio e a spezzare noi stessi nel servizio ai fratelli. La presenza di Dio in mezzo a noi ha assunto, nella storia, la forma visibile e tangibile di Gesù, immagine visibile del Dio invisibile, rivelatore del mistero del Padre. Dopo l’Ascensione che lo sottrae alla sensibile esperienza degli uomini, la presenza di Gesù cambia segno ma non realtà. Egli resta e si dona sotto il segno del pane spezzato e del vino, nei quali offre il suo Corpo in cibo e il Sangue in bevanda di salvezza e di vita. Approfondendo le letture singolarmente, nella prima l’autore deuteronomista riflette su due grandi prodigi dell’esodo: la manna e l’acqua. E’ suo interesse ricordare alla comunità d’Israele la lezione appresa durante il cammino nel deserto: l’uomo non è autosufficiente, il sostentamento che egli si procura con le proprie mani può mancare, e di conseguenza, la vita è solo nell’obbedienza nei comandamenti. Nella seconda lettura Paolo risponde ai Corinzi sul comportamento cristiano a riguardo dei banchetti sacrificali dei pagani. Può un cristiano parteciparvi? Ogni fedele, dice Paolo, risponda a sè stesso pensando a ciò che avviene nell’Eucarestia: il pane eucaristico è segno e sancisce l’unità vicendevole tra i cristiani e tra questi e Cristo. Ogni forma di culto crea un’appartenenza con la divinità cui è rivolto: pertanto la scelta si impone tra il pane offerto da Dio –la carne del Figlio suo- e quello degli idoli. Così nel Vangelo chi vuole avere la vita ha l’assoluta necessità di mangiare e bere Lui. I termini “carne” e “sangue” come quello di “Figlio dell’uomo”, indicano tutta la persona nella sua debolezza e passibilità e servono perciò a far capire che questo mangiare e bere significa unirsi, per mezzo del segno sacramentale, alla passione e morte di Gesù; significa entrare nel suo mistero per ricevere e donare la vita.
Dal vangelo secondo Giovanni (6,51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.