Domenica 11 Giugno
Il brano della prima lettura trova il suo contesto sia nel racconto del peccato del vitello d’oro, sia nella promessa di Dio di mostrare a Mosè la sua gloria. Volendo Mosè ricomporre l’alleanza tra il popolo e Dio, sale sulla montagna con altre due tavole di pietra perché Dio gli ridoni la legge. Il Signore, che si rende presente, gli rivela i suoi attributi divini e in modo particolare la sua misericordia. Mosè allora lo prega di dimostrare tale misericordia perdonando il popolo, così da abitare in mezzo ad esso. La seconda lettura ci permette di cogliere due atti della liturgia antica: il bacio liturgico, segno di fratellanza, saluto e augurio che i cristiani si davano nel nome della Trinità. Il Vangelo registra la prosecuzione del colloquio notturno di Gesù con Nicodemo: il mondo avrà la vita eterna e la salvezza solo mediante la passione del Figlio mandato per manifestare l’amore del Padre per ogni creatura. Questo agire divino nella storia provoca una crisi, poiché di fronte al ribellarsi del suo amore gli uomini inesorabilmente si dividono. Le letture bibliche scelte dalla Liturgia nella solennità della SS. Trinità ci permettono di compiere un’ulteriore riflessione. Quando guardiamo dentro di noi e consideriamo la nostra realtà umana aperta al Trascendente, abbiamo la sensazione di una profondità infinita. Vediamo impressa in noi la realtà insondabile ed esaltante della Trinità, mistero di comunione di vita. La Liturgia odierna squarcia il velo di ciò che è insondabile: Dio stesso viene a noi, manifestandosi come “Signore” pieno di bontà e di misericordia, ricco di grazia e di fedeltà.
Dal Vangelo secondo Giovanni (3,16-18)
In quel tempo, disse Gesù a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.