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Tutto è possibile a chi crede - La storia di due disabili, uniti nell'amore di Dio

A volte non è facile vivere nella fede quando tutto intorno a noi sembra andare male. Oggi, all'interno della rubrica Don Pino Esposito Charitas, si parla soprattutto di fede e di amore in Dio proprio nelle difficoltà della vita quotidiana.

Oggi vorrei raccontarvi una storia di coraggio, amore e fede per dimostrare come questi possano trasformare anche gli eventi dolorosi in opportunità. Protagonisti Enzo e Silvia, due persone speciali (ho voluto non utilizzare i nomi reali di tali persone per richiesta dei familiari). Nel dopoguerra, quando ancora il vaccino non esisteva, Enzo fu colpito, ad otto anni, dalla polio. Seguirono anni di ricoveri ospedalieri, interventi che, infine, gli permisero di “camminare” con l’ausilio di un pesante busto, un tutore e le stampelle. A quell’epoca un handicap condannava ad una esistenza ai margini e all’esclusione sociale. Enzo non si rassegnò, cercò con tutte le sue forze di sfruttare e migliorare le sue capacità, di studiare, arrancando per salire sull’autobus e frequentare la scuola. Infine, con l’abilità delle sue mani e la sua intelligenza trovò anche un lavoro, ma gli pesavano enormemente la sua solitudine ed emarginazione. Scrisse una lettera ad una rivista pubblicata dall’Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili, nella quella esprimeva tutto il suo dolore per la mancanza di speranze per un futuro normale, con una famiglia propria. E qui entra in gioco… il destino? il caso? o la Provvidenza?

Una copia della rivista viene inviata in saggio ad una ragazza di Roma, anche lei colpita dalla polio, quando era piccolissima, costretta a camminare con difficoltà solo grazie ad un tutore alla gamba. Anche Silvia era cresciuta circondata dall’amore dei genitori, ma isolata dai giochi degli altri bambini, non aveva potuto proseguire gli studi, perché impossibilitata a raggiungere la scuola, pur di lavorare aveva accettato un lavoretto poco retribuito presso una sarta per poter frequentare qualcuno. Quella rivista giunta inaspettata avrebbe cambiato la sua vita, anche se lei ancora non lo immaginava. La colpì molto la lettera di Enzo, perché rispecchiava anche i suoi pensieri e sentimenti, la lesse e rilesse per mesi, per un anno, senza avere il coraggio di rispondere. Intanto Enzo non pensava più a quel suo sfogo, ma la vigilia di Natale, mentre i suoi erano andati alla Messa di mezzanotte, lui, rimasto da solo, vicino al camino, sentì il bisogno di chiedere a Gesù Bambino un dono, un dono che avrebbe dato un senso alla sua vita… e dopo poco ebbe la risposta alle sue preghiere. Silvia si era decisa a scrivere una lettera ad Enzo e così cominciò un fitto scambio epistolare che permise loro di conoscersi, di chiarire progressivamente i loro pensieri sui vari argomenti come la Fede, le condizioni fisiche, i rapporti con la famiglia e le difficoltà con la società. Si intravvedeva, già, nei loro scritti una profonda sintonia di progetti, di sentimenti, nella visione del mondo, nel non piangersi addosso, nella insofferenza per le ingiustizie. Piano piano sbocciò l’amore, un sentimento forte, ma che li pose di fronte alla realtà, erano quasi intimoriti come se provassero qualcosa che a loro era proibito. Eppure sapevano di avere diritto a viverlo nella pienezza. Erano trascorsi quasi tre anni e, finalmente, Enzo trovò il modo di venire a Roma a conoscere Silvia. Avevano timore della reazione dei genitori, invece loro, quando capirono i loro sentimenti, li incoraggiarono, pur invitandoli a valutare bene le loro condizioni. I due giovani, specialmente Enzo, cercarono di porre delle basi solide, anche con un casa ed un lavoro, per il loro futuro e si prepararono al matrimonio. Mentre i familiari li sostenevano, i semplici conoscenti osavano criticare questa unione tra due disabili. Giunse, infine, il giorno tanto desiderato del matrimonio e per Silvia ci fu il distacco dai suoi amati genitori, perché la residenza di Enzo era in un paesino delle Marche. Le difficoltà pratiche non mancarono di certo, ma furono affrontate con tanto coraggio e determinazione. I due giovani sposi accettarono con gioia la gravidanza di Silvia (mentre i medici avevano diagnosticato una serie di difficoltà a concepire) e ringraziarono Dio per la nascita di una bambina bellissima e sana. Si impegnarono ancora di più per garantire con il loro lavoro un futuro sereno alla loro figliola. Affrontavano anche la curiosità della gente nei confronti di questa “strana coppia” che spingeva un passeggino con una bambina. Enzo e Silvia evitavano talvolta di frequentare anche la Chiesa per evitare gli sguardi di commiserazione e di curiosità. Silvia, per di più, dovette affrontare cure ed un intervento per un problema serio al seno e proprio in quel periodo si scoprì di nuovo incinta. Molti, anche medici, la spingevano ad abortire per le medicine che aveva assunto e che avrebbero potuto danneggiare il feto, ma i due genitori affidarono la loro bimba alla protezione della Madonna di Loreto ed ebbero la gioia di averla sana tra le braccia. Le bimbe sembravano capire la “diversità e le difficoltà fisiche” dei genitori, crebbero buone, non lasciavano a terra i loro giochi, impararono a salire le scale con calma e ad arrampicarsi sull’auto da sole (sì Enzo aveva potuto prendere la patente ed acquistare un’auto che lui poteva guidare). La famigliola cresceva serena, ma, ad un certo punto , ci fu nella loro vita un salto di qualità. Enzo fu invitato da una coppia di amici a partecipare ad un ritiro spirituale. Lì Enzo si sentì subito accettato e considerato non come un invalido, ma come uguale a tutti gli altri. Nel susseguirsi di interventi ed esperienze fece una scoperta incredibile, Enzo fino ad allora aveva sempre pensato a Dio come un giudice, invece scoprì che Dio è Amore, che ci ama così come siamo e ci invita ad amarlo vedendo Gesù nel fratello. Enzo tornò a casa cambiato, le croci, che aveva comunque sempre accettato, aveva imparato ad amarle. Anche Silvia volle andare con lui ad altri ritiri ed anche lei tornò con il cuore allargato. Cominciarono a frequentare attivamente la Chiesa, facendo crollare quelle barriere che forse loro stessi avevano contribuito a creare, si impegnarono in tante attività nel sociale, nel corso degli anni la loro casa divenne un centro di accoglienza per tutti, Enzo si dedicò al catechismo, alla scuola delle figlie, ad un gruppo pastorale, ad un centro anziani dove ognuno poteva trovare in lui un amico paziente e pronto all’ascolto, Silvia si dedicò anche lei a tante attività di aggregazione. Il loro modo di essere e di vivere fece capire a tutti che anche l’handicap, se visto da un’altra prospettiva, può risultare un dono. Enzo si dedicò anche all’abbattimento delle barriere architettoniche presenti nelle chiese della sua parrocchia. In seguito superò anche la rottura del tendine di una spalla, con intervento e quattro mesi di sedia a rotelle (perché non poteva più usare le stampelle), con la sua solita serenità e senza un lamento, perché cercò di vivere quel periodo offrendo a Dio la sua sofferenza. Enzo divenne, proprio per il suo modo di essere, l’amico e il confidente di tanti, anche per le figlie è stato sempre un papà presente, pronto ad accompagnarle con l’auto in discoteca e ad aspettarle fuori per ricondurle a casa. Con gli anni il busto gli creava sempre maggiori disagi, ma al mattino, quando lo indossava insieme al tutore, si immedesimava nella salita al Calvario di Gesù. Ringraziava, anzi, Dio di avergli donato questa croce, perché così non aveva tempo per pensare alle cose futili, preso com’era dalla dura vita di tutti i giorni. La sua vita, però, divenne sempre più ricca, perché nel corso degli anni le figlie si sposarono, gli diedero dei meravigliosi nipotini e l’amore filiale dei generi, ammirati per il suo coraggio e generosità. Anni pieni, fecondi, gioiosi, aperti agli altri in cui Enzo metteva tutto il suo cuore nell’amare Gesù nel fratello e nel fare la propria parte con determinazione nell’attimo presente. Enzo ripeteva spesso: “il futuro non sappiamo se ci sarà e se potremo viverlo, ma non possiamo neanche rifugiarci nel passato altrimenti rischiamo di rovinare il presente, che è il solo che abbiamo nelle nostre mani e va quindi vissuto come se ogni momento della nostra esistenza fosse un dono per gli altri.”

Questa vita speciale doveva, però, affrontare una prova più grande, quella definitiva: un malore improvviso rivelò un tumore molto esteso al cervello. Il dolore attanagliò i familiari ed i tanti amici, ma la calma di Enzo stupì tutti. Intorno a lui si era creato un vero vortice di amore, tutti si offrirono per aiutare nei turni di assistenza in ospedale e la sua serenità era di esempio per tutti. Pur lottando contro il male Enzo iniziò a parlare della vita eterna, ad invitare a portare avanti i suoi pensieri e le sue lotte terrene. Enzo voleva prepararsi bene al suo ricongiungimento con Dio, pregando continuamente e chiedendo di pregare con lui, trascorsero alcuni mesi, la malattia si aggravò e si giunse al momento dell’unzione degli infermi con tanti parenti ed amici uniti in preghiera. Enzo da giorni non aveva più il fiato neanche per parlare. Eppure al termine del rito trovò la voce per dire: “Non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà della vita. Io per ottenere qualcosa ho sempre dovuto lottare ma non mi sono mai arreso. Pregate sempre la Madonna, state calmi e non abbiate paura! Vogliatevi bene, volersi bene non costa nulla! Vivete la vita fino in fondo, perché è bella e merita di essere vissuta bene. L’esistenza terrena sembra lunga ma è breve! Ringrazio il Signore di avermi fatto cristiano!”. Queste sue parole fecero commuovere i presenti, ma diedero a tutti la certezza che dopo la sua partenza Enzo li avrebbe guardati dal cielo. E così sembra che stia avvenendo. La moglie mi ha confidato: “Il vuoto lasciato dal mio sposo è tanto, ma quando vedo le mie figlie, con le loro rispettive famiglie, mi riempio di orgoglio, penso a Enzo e sono sicura che anche lui gioisce con me. Le nostre vite, segnate dal dolore già nell’infanzia, sembravano senza futuro. Invece, forti del nostro amore e della nostra piena fiducia in Dio, ci siamo pienamente realizzati creando una bella famiglia! Mai abbiamo temuto di non potercela fare!”

Ripercorrendo per voi questa storia ho pensato a quanto spesso la santità ci sfiori nella vita di tante persone e voglio concludere con delle parole che Enzo ripeteva spesso e che erano diventate il suo motto di vita: “Tutto è possibile a chi crede, noi dobbiamo solamente fare la nostra parte, al resto ci pensa Dio!”.

Don Pino Esposito

Don Pino Esposito Charitas - Tutto e' possibile a chi crede

Don Pino Esposito Foto di Don Pino Esposito Parroco delle Parrocchie della SS.Trinità in San Donato di Ninea, di Santa Rosalia, e del SS. Salvatore in Policastrello
       
      S.Donato di Ninea,       Italia    
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