Diritto Canonico: non solo il diritto dei preti ma di ogni battezzato in Cristo
In questi giorni ho avuto l’occasione di ascoltare una relazione di un giovane studioso di Diritto Canonico e questo mi ha fatto pensare che l’argomento, sconosciuto a molti, poteva risultare interessante; a tale riguardo ho deciso di proporre un breve excursus sul tema in queste pagine del mio blog. Innanzitutto: “Cos’è il Diritto Canonico? È il diritto che riguarda ogni battezzato, cioè di chi entra a far parte della Chiesa tramite il battesimo”. Il Codice in vigore risale al 1983, ma è il risultato di un cammino di duemila anni. Il relatore ha spiegato i motivi che hanno spinto la Chiesa a produrre un codice di diritto, fin dalle origini, infatti, essa ha sentito fortemente l’esigenza di creare un proprio ordinamento ed un sistema economico e giuridico. Già nei primi testi si parlava, in caso di dissidio tra due Cristiani, di un arbitrato all’interno della Comunità, perché era considerato altamente disdicevole rivolgersi ad un giudice romano e pagano (come afferma lo stesso apostolo Paolo nella Prima lettera ai Corinzi) perché la prima legge per i cristiani era quella della fraternità. Se l’arbitrato non andava a buon fine si andava davanti ad una commissione e si poteva giungere fino all’espulsione per chi veniva considerato colpevole. Si può, quindi, affermare che già esistessero i gradi di giudizio. La Chiesa delle origini era osteggiata e perseguitata, ma, già, come riconosceva Tertulliano, non era un semplice agglomerato di persone, ma una societas con un credo, un culto ed un abbozzo di organizzazione. La situazione cambiò dopo il 313 d.C. quando, con l’Editto di Milano (promulgato dall’imperatore Costantino) la Chiesa non fu più perseguitata, lo stesso imperatore nel 325 d.C. convocò il Concilio di Nicea, in cui venne stabilito il Credo comune di tutti i cristiani. Ancora più importante per l’organizzazione della Chiesa fu l’anno 380 d.C. quando l’imperatore Teodosio I (con l’editto “De fide Catholica”) stabilì che la religione cristiana diventasse religione di Stato. La Chiesa poté uscire alla luce del sole e sentì anche l’esigenza di giudicare (potere giudiziale), le sentenze ecclesiastiche assunsero sempre più importanza così come la figura del Vescovo che divenne l’arbitro per dirimere le controversie (già nel 318 d.C. tale sua funzione era stata riconosciuta da Costantino).
Già all’epoca i principi fondamentali del diritto canonico erano: l’Equità, la Benevolenza e la Misericordia, non si strutturava, pertanto, sul diritto romano, ma teneva conto delle circostanze e della persona (consapevolezza antropologica). La punizione, ad esempio, variava se a commettere il reato era un vescovo o un contadino perché il primo era più consapevole e tenuto a dare maggiormente l’esempio. Il giudizio ecclesiastico venne sempre più cercato proprio per la “benevolentia” ed aumentò tanto che lo stesso Sant’Agostino si lamentava perché il tempo del Vescovo era impegnato più per le cause che per la cura delle anime, nacque, perciò, un tribunale ecclesiale. Nel IV secolo, dopo l’Editto di Teodosio, essendo quella cristiana ormai religione di Stato, anche i giudici statali si formarono sul diritto canonico e, quindi, diminuì il numero di cause dei tribunali ecclesiastici. Rimasero di loro pertinenza le cause su motivi spirituali (o annesse), la violazione di leggi ecclesiali, all’epoca anche i giuramenti rientravano nel diritto ecclesiale così come le successioni e le donazioni e le cause matrimoniali.
La Chiesa ed il suo Diritto assunsero maggiore importanza nei periodi, come il Medioevo, in cui mancava un potere forte e la Chiesa suppliva a tale vuoto, dal momento che i principi altro non erano che regnanti che controllavano i propri confini e che i sudditi pagassero le tasse. Sempre nel Medio-Evo furono creati i libri penitenziali e nacque anche la penitenza privata per il reato mentre, fino ad allora, era stata pubblica. La mentalità giuridica proseguì fino al 1917, anno del Primo codice di Diritto canonico. La Chiesa dell’epoca, attaccata su più fronti, religiosi e civili, si pose in condizione di difesa, tendendo a mettere in evidenza la propria dignità come società perfetta avente il diritto di creare un proprio codice. Il Codice del 1983, attualmente in vigore, risente, invece, dello Spirito del Concilio Vaticano II ed i principi tridentini, presenti nel testo del 1917, sono ormai passati alla storia. Il Santo Papa Giovanni Paolo II affermò che il Codice è lo strumento indispensabile per il corretto funzionamento della Chiesa ed ha come fondamento la Rivelazione. Le fonti del Diritto canonico hanno origine divina, in quanto sono desumibili dalla Sacra Scrittura, mentre il Diritto civile è solo opera del legislatore, il Diritto canonico deriva dallo “Ius Divinum Naturale” e dallo “Ius Divinum Positivum” che si basa sulla Scrittura, sulla Traditio e sull’infallibilità del Papa quando si esprime “ex Cathedra” (come stabilito nel 1869 dopo il Concilio Vaticano I). La Chiesa, però, ha lasciato la possibilità che il legislatore possa aggiungere anche leggi inerenti alle diverse società civili. Una particolarità del Codice di Diritto canonico è che non ha limiti territoriali perché è valido per i cristiani in ogni punto della Terra ed è liberamente scelto ed accettato attraverso il battesimo, mentre gli altri codici sono imposti. I compiti dei tribunali ecclesiastici riguardano: materie spirituali, sacramentali, la proprietà dei beni ecclesiastici, la violazione delle leggi ecclesiali e tutto ciò che è occasione di peccato. La materia così ampia ed articolata è sicuramente interessante, spero che un minimo vi abbia incuriosito questo mio excursus e, se così fosse come mi auguro, ne parleremo nuovamente in futuro.