Dal Giappone al mondo: la fede perseguitata, ieri come oggi, e sempre rinata
Il mistero del cristianesimo nel paese del sol levante, più volte perseguitato ma sempre rinato, è stato tenuto fuori dall’attenzione dei media per tanti anni, si torna a parlare di questa spinosa questione ora, sia grazie alla presa di posizione di Papa Francesco ed alla beatificazione di Justo Takayama Ukon, sia grazie all’ultimo film di Martin Scorsese dal titolo “Silence”, che approfondisce proprio la conversione al cattolicesimo da parte della popolazione giapponese e la imposizione di abiurare la propria religione per salvarsi da tremende torture. Un argomento lontano, ma ancora tristemente contemporaneo, basta rileggere, infatti, i giornali per scoprire che le persecuzioni continuano ogni giorno in tutto il mondo. Il regista statunitense Scorsese ha portato nelle sale all’inizio del 2017 una storia potente e sofferta che ha fatto discutere ed appassionare credenti e critici, ma prima di lui, nel 1931, già il regista nipponico Tomiyasu Ikeda aveva realizzato un film muto della durata di 66 minuti per ricordare la tragica vicenda dei missionari e dei primi fedeli cattolici uccisi il 5 febbraio 1597 a Nagasaki. Un film dimenticato per anni e riscoperto proprio in questi mesi che ha saputo farmi immergere nel pathos della vicenda senza sfociare in una visione drammatica superflua. Anche se ripensare a quello che veramente è successo è tristemente drammatico.
L’importante storia di evangelizzazione e martirio inizia nel 1549 quando i gesuiti San Francesco Saverio, Cosme de Torres e Giovanni Fernandez arrivano nel paese del sol levante e con il permesso del daimyo di Kagoshima, Shimazu Takahisa, creano la prima missione cattolica in Giappone. Sono anni importanti in cui circa 300.000 giapponesi si convertono alla religione cristiana fin quando, per motivi vari tra cui i difficili rapporti diplomatici tra Spagna Portogallo ed il governo giapponese, il cristianesimo viene soppresso dalle autorità locali e viene decretato che quei giapponesi convertiti alla religione cristiana che avrebbero rifiutato di abiurare la fede cattolica sarebbero stati uccisi. Come già ricordato nel nefasto giorno del 5 febbraio 1597 a Nagasaki, ventisei cattolici (sei missionari francescani europei, tre gesuiti giapponesi e diciassette terziari francescani giapponesi, compresi tre giovani ragazzi) vennero uccisi tramite crocifissione: una volta saliti sulla croce, venne loro inferto il colpo finale con delle lance. Quei martiri, canonizzati l’8 giugno 1862 da Papa Pio IX sono elencati nel martirologio romano con il nome di “San Paolo Miki e compagni” e ricordati il 6 febbraio di ogni anno. Nella provincia di Roma, nella bella cittadina marittima di Civitavecchia, dal 1871 fu consacrata una chiesa proprio in onore di S.Pietro Battista e i suoi compagni martiri del Giappone. All’interno di questa chiesa, l’abside e le navate laterali, affrescate dal pittore giapponese maestro Luca Hasegawa, ritraggono scene religiose influenzate proprio dalle vicende e dalla cultura giapponese del tempo tra cui una particolarità: sullo sfondo in azzurro che ricorda il cielo dell’Europa meridionale o quello di Syonan in Giappone è raffigurata la Madonna in kimono di colore celeste e sembra una nobildonna del periodo Momoyama. E così “vivendo ogni pennellata come una preghiera” il pittore Hasegawa versò tutta la fede e l’arte che aveva coltivato come cattolico nella creazione di quest’opera di arte giapponese creata con professionalità ed eleganza in un paese che di arte si è nutrito per secoli come l’Italia.
Mi colpisce molto di questa storia scoprire che, quando finì il cosiddetto “splendido isolamento” ed il Giappone, volente o nolente, si aprì al mondo occidentale ed europeo, e nuovamente quindi anche all’evangelizzazione cattolica, si presentarono le figure dei “kakure kirishitan” cioè “cristiani nascosti”, ossia circa 10.000 cristiani rimasti fedeli alla religione che avevano abbracciato secoli prima andando incontro a persecuzioni costanti e varie umiliazioni. Nonostante tutto, queste persone non cedettero e pur senza l’aiuto e la guida di nessuna struttura ecclesiastica (diventate illegali per secoli) riuscirono a trasmettere la loro fede cristiana dai genitori ai figli, di generazione in generazione. Un bellissimo esempio che mi fa pensare a come agisce Dio nelle nostre vite, e quanto sia bello una volta che sia entrato nel nostro animo portarlo con noi e farci un’unica cosa con il suo messaggio di carità. Oggi giorno il numero totale dei cattolici giapponesi è di circa 500 mila, una realtà forse numericamente esigua, ma che forma un gruppo di persone che si sentono parte essenziale della comunità giapponese e, allo stesso tempo, si sentono parte integrante della comunità universale della Chiesa cattolica. Ieri come oggi siamo di fronte ad uno scontro che riguarda tutti noi. Le nostre credenze religiose sono sempre più messe in discussione, c’è una guerra sottile contro la fede, dove tutto sembra ormai giustificato senza Dio. Ed è bene mettersi in discussione in quanto cristiani, ma per far maturare la nostra fede, non per cedere senza lottare a quello che la moda ci dice, la fede non è una moda, ma un qualcosa che deve vivere forte dentro di noi e materializzarsi nei nostri gesti ed azioni. Non è facile essere cristiani oggi, a volte sarebbe più facile rinnegare le nostre idee o scegliere il silenzio per evitare scontri o prese di posizioni. Ma la vera fede ci deve anche dare coraggio, fiducia e forza nelle nostre azioni.