Il culto dei santi e delle reliquie
Agli inizi del cristianesimo si poneva attenzione solo ai martiri, si raccoglievano i loro resti e si seppellivano degnamente, per esempio, nelle catacombe. Ma già nel IV secolo si veneravano anche i confessori, vescovi e monaci, come San Martino di Tours e Sant’Antonio Eremita. Molto accento fu posto più tardi nei miracoli come segno o conferma della santità. È chiaro che i miracoli o le grazie ricevute aiutavano ad aumentare la devozione popolare verso i santi.
Gli Apostoli e altri che erano in contatto con Gesù durante la sua vita terrena, ad esempio Santa Maria Maddalena, venivano venerati in modo speciale nelle loro tombe vere o presunte. Le reliquie sta di fatto che erano molto venerate, aumentavano il culto e i pellegrinaggi.
La devozione popolare nel bisogno poneva molta fiducia nelle reliquie; dalle reliquie dei santi ci si aspettava protezione ed aiuto per l’anima e per il corpo. Per questo si cercava di procurarle ed esporle nei santuari, mete dei pellegrinaggi. Con le reliquie si verificavano degli anche degli abusi. Alcune non erano comprovabili, o erano addirittura false o ridicole.
Con le crociate della fine dell’XI secolo assistiamo ad un vero sviluppo del traffico, e talvolta del commercio, delle reliquie e non era necessario attendere i riformatori per notare questo. Già Innocenzo III nel concilio Lateranense IV del 1215, nel canone 62, parla degli abusi del culto delle reliquie e stabilisce che le nuove reliquie potevano essere esposte alla venerazione dei fedeli solo dopo espressa approvazione della Sede Apostolica. Roma certo abbondava di reliquie famose e attirava per questo i pellegrini, oltre che dalla indulgenze che vi si aggiungevano. I santuari con più reliquie o con quelle più famose e importanti, ottenevano generalmente anche più indulgenze in favore di pellegrini e visitatori.
Il tema del culto dei santi e delle reliquie è intriso di una caratteristica peculiare, ossia la devozione popolare. Fin dagli inizi di tale culto, infatti, tutta la cristianità si sentiva scossa da un grande bisogno di esprimere questo culto anche come forma di espiazione, di penitenza e di conversione. E la situazione della Chiesa creava un’atmosfera adatta per questo. La religiosità popolare era quindi propensa alla venerazione dei santi e delle reliquie, oltre che ai riti, ai pellegrinaggi, alle indulgenze, alle feste, ai collegamenti con gli anniversari e, in termini generali, ai modi simili al Giubileo. In sintesi, un insieme di contenuti profondi di fede, conversione e perdono.
Tutto era vissuto con grande intensità. Con riferimento al ruolo della devozione popolare nel culto dei santi e delle reliquie non si può tralasciare, infine, anche l’azione che essa ha avuto nella fase preparatoria al primo Giubileo del 1300. I movimenti popolari spiritualistici, infatti, hanno spianato il terreno, creato l’atmosfera, che portò la Chiesa e tutto il mondo cattolico al primo grande Giubileo ufficiale. Quest’ultimo trova una ricostruzione dettagliata e oculare nel documento stilato dal Cardinale Iacopo Gaetano Stefaneschi, diacono di San Giorgio in Velabro, “De Centesimo seo jubileo anno liber”. Documento di non facile interpretazione, ma ricco di preziose notizie di prima mano circa il primo grande e ufficiale appuntamento giubilare della storia della Chiesa cattolica.