La crisi dei missili di Cuba: grande esempio di mediazione della diplomazia pontificia
Il 25 ottobre 1962, durante la fase più acuta della crisi dei missili di Cuba, Papa Giovanni XXIII indirizzò un messaggio ai popoli del mondo seguito da una lettera all’allora Presidente russo Krǔšcëv. Il messaggio e la lettera sono assurti a grande esempio di mediazione della diplomazia pontificia: dopo la ricezione della lettera, infatti, iniziò la distensione della crisi e il presidente russo ordinò lo smantellamento delle postazioni missilistiche installate a Cuba.
Alla base della crisi missilistica di Cuba, che vide confrontarsi le due potenze avversarie della Guerra Fredda, gli Stati Uniti e l’URSS, vi sono dei rilievi fotografici effettuati il 15 ottobre 1962. Tali rilievi fotografici, infatti, confermarono che i sovietici stavano costruendo delle basi missilistiche sull’isola di Cuba per l’installazione di missili a media gittata. Il giorno successivo, il Presidente Kennedy riunì i suoi più stretti collaboratori - il Segretario di Stato Dean Rusk, il Segretario della Difesa Robert McNamara, il Direttore della CIA John McCone e suo fratello Robert Kennedy – per affrontare una delle situazioni più difficili della storia del confronto tra Est e Ovest. Solo il 23 ottobre 1962, il Presidente Kennedy decretò il blocco navale dell'isola, chiedendo contemporaneamente al Presidente Krǔšcëv lo smantellamento delle basi missilistiche. Gli Stati Uniti decisero, inoltre, di fissare una linea di quarantena, che non sarebbe stata oltrepassata da tutte le navi sovietiche cariche di armamenti dirette a Cuba. Se una nave sovietica avesse violato il blocco, sarebbe scoppiato un tragico e violento conflitto armato tra le due superpotenze contrapposte.
In questa drammatica crisi della Guerra Fredda si inscrive la straordinaria azione di mediazione svolta dalla diplomazia pontificia, nella persona di Papa Giovanni XXIII. Già prima dello scoppio della crisi dei missili di Cuba, il Pontificato di Giovanni XXIII aveva iniziato un processo di apertura verso la popolazione non cattolica, con particolare riferimento ai Paesi che facevano parte del blocco sovietico. Papa Giovanni XXIII, prima di divenire Vescovo di Roma, era stato nunzio a Sofia e, dunque, conosceva già le caratteristiche del “polmone contemplativo orientale” (Wladimir Soloviev) della Chiesa Cattolica. Il Pontefice credeva molto all’importanza dell’unità tra la realtà ecclesiale orientale e occidentale e, per questa ragione, aveva già iniziato ad intrattenere relazioni diplomatiche con i Paesi comunisti. La crisi dei missili di Cuba fu per Papa Giovanni XXIII l’occasione per rivolgere dei messaggi, non solo ai governi comunisti, ma a tutti i popoli del mondo. Il 25 ottobre 1962 fece un appello a favore della pace, trasmesso dalla Radio Vaticana in varie parti del mondo con la speranza che venisse ascoltato e accolto dai responsabili della crisi, gli Stati Uniti e l’URSS. Successivamente, il Pontefice indirizzò una lettera al Presidente Krǔšcëv, che venne pubblicata dal quotidiano russo Pravda. La lettera esortava l’Unione Sovietica a preservare la pace all’insegna dell’amore per il popolo russo. Nelle parole del Santo Padre: “Se avrete il coraggio di richiamare le navi portamissili proverete il vostro amore per il prossimo non solo per la vostra nazione, ma verso l´intera famiglia umana. Passerete alla storia come uno dei pionieri di una rivoluzione di valori basati sull´amore. Potete sostenere di non essere religioso, ma la religione non è un insieme di precetti, bensì l´impegno all´azione nell´amore di tutta l´umanità”.
La straordinaria mediazione di Papa Giovanni XXIII concorse alla risoluzione della crisi dei missili di Cuba. Il 28 ottobre 1962 il Presidente russo diede disposizioni per lo smantellamento dei missili installati a Cuba dietro la promessa statunitense circa la disinstallazione di alcuni missili presenti sul suolo turco.
Il 15 dicembre 1962 il Presidente Krǔšcëv inviò gli auguri di Natale a Papa Giovanni XXIII congratulandosi con il Santo Padre per l’impegno profuso a sostegno della pace, della felicità e del benessere. Venne così inaugurata una nuova linea di politica estera pontificia, definita “Ostpolitik”, che vide il suo prosieguo durante il Pontificato di Paolo VI e raggiunse la sua acme con l’allora Papa, oggi Santo, Giovanni Paolo II.
