San Massimiliano Kolbe: simbolo della luce della fede cristiana che illumina le tenebre dell’umanità
Il 29 luglio scorso Papa Francesco ha varcato la soglia dei cancelli di Auschwitz, sotto la scritta “Arbeit macht frei”. Quella stessa soglia varcata da San Giovanni Paolo II il 7 giugno 1979 e da Benedetto XVI il 28 maggio 2006. I cancelli dei campi di sterminio conducono il Santo Padre al “bunker della fame”, la cella doe il 14 agosto 1941 morì Padre Massimiliano Kolbe, frate francescano che sacrifico la sua vita per salvare quella di un giovane padre di famiglia, diventando così simbolo del contrasto all’odio e alla morte tramite la forza della fede cristiana.
Massimiliano Maria Kolbe nacque nel 1894 a Zdunska-Wola, in Polonia. Entra a far parte dell’ordine dei francescani e viene ordinato sacerdote il 28 aprile 1918. Svolge un intenso apostolato in Europa e in Asia ma, ammalatosi di tubercolosi, è costretto a rientrare in Polonia. Dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, nel 1941 Padre Kolbe è deportato ad Auschwitz dove, con il n.16670, viene costretto a svolgere i lavori pi umilianti come il trasporto di carri di ghiaia e di sassi per la costruzione di un muro del crematorio. Alla fine del luglio 1941, uno dei prigionieri del suo blocco riuscì a fuggire dal campo di concentramento. Sulla base delle regole vigenti, a seguito della fuga di un prigioniero, dieci compagni vennero confinati nel “bunker della fame”, l’anticamera della morte. I prigionieri infatti, senza cibo né acqua, aspettavano solo di venire giustiziati. Tra questi prigionieri c’era un giovane padre di famiglia, Francesco Gajowniczek, il quale piangeva nominando sempre il nome dei suoi cari. Padre Massimiliano Kolbe, allora, propose di scambiare la sua vita con quella del prigioniero. Le guardie del lager accettarono lo scambio e Padre Kolbe venne rinchiuso con gli altri nove prigionieri nel bunker della fame. Dalla fine di luglio al 14 agosto, Padre Kolbe ebbe la capacità di infondere nella disperazione la fede e l’affidamento in Cristo Gesù Nostro Signore. Ecco allora che quei giorni tragici si trasformarono in momenti di preghiere e canti che si spensero pian, piano. Il 14 agosto 1941, le guardie del campo di sterminio entrarono nel bunker della fame. Padre Kolbe era ancora vivo. Venne ucciso con un’iniezione di cianuro e morì pronunciando “Ave Maria”. Padre Kolbe venne canonizzato il 10 ottobre 1982 d’allora Papa Giovanni Paolo II, il quale lo definì “patrono speciale per i nostri difficili tempi”.
Ed è proprio in questo tragico momento dell’umanità che dobbiamo far rivivere l’esempio di San Massimiliano Kolbe, riportato all’attenzione del mondo cattolico dalla visita del Vescovo di Roma ad Auschwitz. Questo Padre francescano dei frati minori conventuali ci insegna come far trionfare l’amore e la fede in un momento storico che sta mettendo a dura prova la fede in Dio e nell’uomo. E questo è un monito valido anche per chi appartiene ad altre confessioni e per i non credenti. La figura di San Massimilano Kolbe, infatti, oggi più che mai è rappresentativa dei principali vulnera della contemporaneità: il bisogno di riconciliazione, la fame, la pace tra i popoli, la ricerca del senso della vita e la comprensione della ratio della morte. San Massimiliano Kolbe, vivendo nel mistero del Crocifisso sofferente, ha dimostrato che la forza della fede e dell’amore possono illuminare l’oscurità degli abissi del dolore. Il sacrificio di Kolbe non è simbolo di arresa all’oppressore. Al contrario, esso rappresenta la forza e la fede di chi sa ciò che l’attende nell’aldilà e, pertanto, può rinunciare al presente su questa terra. Il martirio di San Massimiliano Kolbe ci spinge a vivere la fede con pienezza, ossia trasponendola dalla dimensione religiosa a tutti gli spazi della vita sociale e culturale, rendendola un unicum con la nostra vita. L’energia vita di tutto ciò, intrisa dell’amore di Cristo, è eloquente di per sé, non ha bisogno di discorsi o commenti. “Io vorrei andare in quel posto di orrore senza discorsi, senza gente, salvo quelle necessarie: da solo entrare, pregare, e che il Signore mi dia la grazia di piangere”, Papa Francesco in visita al Blocco 11, luogo dell’uccisione di Padre Kolbe.
“L’odio divide, separa e distrugge, mentre al contrario l’amore unisce, dà pace ed edifica”, San Massimiliano Kolbe.
