San Lorenzo da Brindisi, dottore apostolico ed oratore 'quasi nato e divinamente istruito'
Il giorno 21 luglio si celebra San Lorenzo da Brindisi, religioso cappuccino, sacerdote e profondo conoscitore della Bibbia tanto da essere proclamato “dottore della Chiesa” nel 1959 da Papa Giovanni XXIII con il titolo di “doctor apostolicus”. Dottore apostolico perché la sua opera teologica è tutta orientata all'apostolato e alla predicazione. La figura di San Lorenzo, al secolo Giulio Cesare Russo (o de Rossi), si delineò attraverso gli importanti incarichi diplomatici, svolti in Italia ed in Europa, a servizio della Chiesa e della stessa comunità civile che lo portarono ad essere ricordato, oltre che come uomo di profonda dottrina, come uno dei primi diplomatici per la diffusione e la difesa della fede. I suoi genitori, inconsapevolmente, gli imposero un nome di battaglia, quasi conoscendo le lotte formidabili che egli avrebbe combattuto e le conquiste che avrebbe realizzato nel Regno di Dio. Egli sarà inoltre un conquistatore di anime ed un “gigante della parola” , la Bolla di canonizzazione lo definisce infatti un oratore “quasi nato e divinamente istruito”.
Nato a Brindisi nel 1559, ancora fanciullo diviene orfano di padre ed in seguito di madre a 14 anni, costretto così a trasferirsi a Venezia da uno zio sacerdote, Giulio Cesare proseguì gli studi iniziati presso la scuola dei padri Conventuali, e maturò la vocazione all'Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Indossato l’abito cappuccino il 18 febbraio 1575, il 24 marzo 1576 emette la professione religiosa con il nome di Fra' Lorenzo da Brindisi. Terminati gli studi di teologia fu ordinato sacerdote il 18 dicembre 1582. Grandissimo studioso della Scrittura, diventa famoso per la sua predicazione. Per questo viene mandato nei luoghi dove la popolazione si è staccata dalla Chiesa. Accolto inizialmente ostilmente, l’evidente coerenza tra le sue parole e la sua vita lo fa rispettare anche da autorevoli avversari. E così presto viene chiamato a compiti di responsabilità e di governo, ricercatissimo dai papi e dai principi proprio per la sua bravura in questioni diplomatiche. Così nel 1590 è eletto Provinciale di Toscana; nel 1594 Provinciale di Venezia; nel 1596 viene eletto Definitore generale; nel 1598 è Provinciale della Svizzera; nel 1599 ancora Definitore generale. Nonostante la percezione “inusuale” durante il 500 dei frati che si occupavano di diplomazia, a volte anche scherniti con un certo sarcasmo dai politici e diplomatici di professione del tempo, nel secolo successivo i percorsi che collegano tra loro le corti europee appaino sempre più spesso solcati da regolari impegnati in missioni diplomatiche di cruciale importanza, ufficiali e non. Tutti religiosi, in larga parte teologi, che trattarono incarichi diplomatici di rilievo usufruendo di grandi autonomie rispetto ai nunzi (che erano nella maggioranza vescovi), agendo sulla base di istruzioni papali “ad personam” e trasmettendo le importanti informazioni sulle quali poi Roma avrebbe basato la sua politica. Lorenzo fu uno di questi e svolse durante la sua vita un’estesa attività diplomatica: prima presso il duca di Mantova, poi alle corte imperiale di Baviera e di Spagna per la formazione della Lega cattolica, con ampi stralci della sua ricca corrispondenza con nunzi e con il cardinal Borghese.
Nel 1601 si inserisce il noto, e quasi miracoloso, episodio della vittoria di Albareale in Ungheria contro i Turchi, nella quale il Santo svolse un ruolo principale di animatore e trascinatore. Lorenzo, quando il nemico sferrò l'attacco, fu d'esempio sia con la parola che coi comportamenti. Arringò le armate cristiane, dietro preghiera dell’arciduca Mattia, infondendo negli animi dei combattenti la certezza della vittoria. Sul campo di Albareale si pose in testa ai battaglioni e alzando la Croce lanciò la sfida contro il nemico: “Ecce crucem Domini, fugite partes adversae!”. D’altra parte molti soldati imperiali lo credevano un essere soprannaturale, vedendolo passare disarmato e illeso tra frecce, pallottole e scimitarre, per soccorrere feriti e confortare morenti. I turchi lo ritennero un negromante e un mago, i cristiani un santo. Capitani e soldati gli attribuirono il merito morale della vittoria. Venne in seguito eletto Generale dei frati Cappuccini il 24 maggio 1602 con il compito di visitare tutte le province dell’Ordine (e così fece attraversando a piedi Italia, Svizzera, Paesi Bassi, Francia e Spagna). Nonostante le marce massacranti, continuò ad osservare rigorosamente le rigide consuetudini dell’Ordine, i prolungati digiuni e le severe astinenze, presentando vivo ai frati e al popolo cristiano il tipo perfetto del francescano e cappuccino. Dopo il triennio di generalato i papi e vari principi europei gli affidarono continue missioni diplomatiche costringendolo a rinunciare alla sua vocazione contemplativa e a interrompere le sue giornate di studio e di preghiera. Per tre anni, tra il 1610 e il 1613, frate Lorenzo risiedette a Monaco come rappresentante della Santa Sede dove poté incontrarsi e conoscere personalmente Massimiliano il Grande, duca di Baviera e capo dei cattolici tedeschi. Fu il primo incontro fra due grandi spiriti, destinati a comprendersi, a stimarsi vicendevolmente e a cooperare attivamente al bene della Chiesa cattolica dell’Impero. Una copiosa corrispondenza privata fra i due continuò per molti anni, ma, purtroppo, non è stata conservata perché troppo confidenziale e non ufficiale: sarebbe stata una finestra aperta sul mondo interiore del santo e sui motivi di un’amicizia profondamente spirituale come quella tra un padre e un figlio. Ed è proprio durante una di queste missione diplomatiche come messaggero di pace che San Lorenzo, inviato in Spagna per esporre al Re Filippo III le malversazioni del Viceré don Pietro Giron duca di Ossuna, morì, forse avvelenato, a Lisbona il 22 luglio del 1619 dopo aver conferito al Re i comportamenti del duca. Beatificato nel 1783 da Pio VI, fu canonizzato nel 1881 da Leone XIII.
Lorenzo fu un uomo straordinario, un santo che univa alla potenza del pensiero e della parola la forza irresistibile dell’amore. Solo questo amore generoso ed eroico può spiegare come un uomo di studio, un apostolo della parola e della penna, abbia potuto nello stesso tempo esplicare una attività prodigiosa. Un’anima vulcanica, ardentissima come il sole della sua terra. Il gigante della parola e della cultura si erge così come il gigante dell’azione della santità e del miracolo. Papa Benedetto XVI, in una delle sue ultime visite a Brindisi, volle ricordarlo per la sua azione per la pace attraverso queste parole: “L’autorevolezza morale di cui godeva lo rendeva consigliere ricercato e ascoltato. Oggi, come ai tempi di san Lorenzo, il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori. Tutti coloro che credono in Dio devono essere sempre sorgenti e operatori di pace”.