Quel migrante ero io
Il 13 maggio 2015, la Commissione europea aveva proposto l’Agenda europea sulla migrazione, una strategia di vasta portata per far fronte, nell’immediato e nel lungo periodo, alle sfide poste dai flussi migratori, e per garantire protezione internazionale ai rifugiati che ne hanno bisogno attraverso il cosiddetto “reinsediamento”. L'8 giugno 2015 la Commissione europea ha pubblicato una raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento, da attuarsi tramite programmi multilaterali e nazionali.
L’iter è stato proseguito nei giorni scorsi. Infatti, il 13 luglio 2016, la Commissione europea ha proposto di aggiungere un ulteriore tassello al quadro giuridico della politica comune europea in materia di reinsediamento. L’obiettivo dell’Unione europea (UE) è palesemente quello di istituire dei corridori organizzati e sicuri, atti a garantire l'accesso all’Europa a tutti coloro che necessitano di protezione internazionale.
Quindi, a più di un anno dall’adozione dell’Agenda europea sulla migrazione, con la proposta del 13 luglio 2016, la Commissione europea mira a definire un quadro giuridico permanente dotato di procedura unificata per il reinsediamento nell’area UE. Spetterà sempre agli Stati membri stabilire il numero di persone da reinsediare ogni anno, ma l’Unione dal canto suo avrà un impatto maggiore grazie al coordinamento dei singoli sforzi nazionali e ad un'azione sinergica tra le sue varie Istituzioni e tutti gli Stati membri.
Numerose voci si sono levate contro l’accoglienza dei migranti. Ma oggi più che mai occorre ricordare la parabola del Buon Samaritano, dalla quale emergono soprattutto due insegnamenti: 1. il prossimo, nel quale vi è Gesù, può essere diverso da noi per religione, razza e nazionalità; 2. ciò che conta non sono le parole rivolte al nostro prossimo in stato di necessità, ciò che conta sono invece le opere.
Se lasciamo da parte il grido di protesta che si leva dalle correnti e movimenti nazionalisti e xenofobi e leggiamo l’ultima proposta dell’Unione europea nel contesto della politica migratoria e alla luce degli insegnamenti offerti dalla parabola del Buon Samaritano, non possiamo non riconoscere che, oltre ai moniti, si sta facendo tanto in termini di opere. Riprendendo il messaggio lanciato da Papa Francesco durante il conferimento del Premio Carlo Magno, sembra proprio che l’Europa abbia accolto le esortazioni del Santo Padre e si stia impegnando per elaborare e diffondere un nuovo umanesimo.
Difficoltà e incomprensioni permangono, tanto più che hanno il volto e la forza dei particolarismi nazionali dei singoli Stati membri, della paura generata dalle possibili infiltrazioni terroriste sui barconi dei migranti, dell’ascesa di movimenti xenofobi che, con grande facilità, fanno proseliti in momenti storici difficili come quello che stiamo vivendo. Gli insegnamenti della Chiesa possono, tuttavia, aiutarci ad essere forti e non cedere a queste tentazioni. Il Buon Samaritano della parabola, infatti, non seleziona le persone da aiutare, al contrario semplicemente aiuta uno sconosciuto. Che questo sia un nostro connazionale, uno straniero, una persona che professa la nostra stessa religione o un’altra, è indifferente.
Una bella lezione arriva quindi dall’impegno dell’Unione europea nella gestione della crisi dei rifugiati. Essa vale per noi come una sfida e uno sprone a cimentarci più fattivamente e ecumenicamente nell’esercizio delle opere di carità, alle quale siamo tenuti per la nostra sequela a Gesù, figlio di Dio, per la nostra fede nel mistero della sua Incarnazione, Passione e Morte. Ricordiamo perciò nelle nostre giornate questa opera concreta a supporto del prossimo, rappresentato in questo caso dai migranti. Portiamo ogni giorno nel cuore gli insegnamenti di Dio contenuti nelle parole del Santo Padre, che sottolinea che in ogni prossimo c’è il Nostro Signore: “alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia e il Signore potrà dirci: ‘Ti ricordi quella volta… Quell’uomo mezzo morto ero io. Quel migrante che volevano cacciare via ero io. Quel nonno abbandonato ero io. Quel malato che nessuno va a trovare in ospedale ero io”.
